21 settembre

A Brindisi il così chiamato Regno del Sud dà i primi segni di vita con la creazione di qualche struttura di vertice e con la risposta di Badoglio, da Radio Bari, al discorso pronunciato da Mussolini dalla Radio di Monaco.

Il maresciallo Badoglio risponde a Mussolini. Mussolini ha parlato da radio Monaco, Badoglio parla da radio Bari, un’emittente che non è rimasta in silenzio neppure un giorno e che è quindi l’unico segno di vita italiana in quel che resta del paese dopo il dissolvimento generale dell’8 settembre; e il discorso di Badoglio è il primo segno di vita di quello che verrà chiamato “Regno del Sud” con Brindisi capitale.

La capitale è tutta qui, cioè i fuggiaschi da Roma, arrivati undici giorni fa a bordo del cacciatorpediniere Baionetta: il re, la regina Elena, il principe Umberto, Badoglio, il ministro della marina De Courten e il ministro dell’aeronautica Sandalli (i due unici ministri del governo dissoltosi a Roma), il ministro della Real casa Acquarone, gli aiutanti di campo Puntoni, Gamerra, Litta Modigliani, Campello, De Buzzacarini, il Capo di stato maggior generale, generale Ambrosio, il Capo di stato maggiore dell’esercito Roatta, il nipote di Badoglio Valenzano; e poi ci sono quarantuno generali, che forse sarebbe bene che non fossero qui ma rimasti ai loro comandi1. Per completare la comitiva: il cameriere del re, Masetti, la cameriera della regina, Rosa Gallotti

Incuriositi più che stupiti continuano ad essere gli abitanti di Brindisi. Stupiti sono stati quelli che nel pomeriggio del 10 hanno visto scendere re, regina e principe ereditario sul lungomare regina Margherita (proprio Margherita, la madre di Vittorio Emanuele III): il re che camminava sudato, con passo incerto, con una uniforme che sembrava un po’ larga per lui, una fascia nera al braccio sinistro2; le regina tutta di nero, abito e cappello; il principe ereditario con la faccia disfatta. Soltanto Badoglio aveva la faccia sorridente, addirittura un’espressione di felicità.

La curiosità, non più stupore, è venuta dopo, con le voci che giravano: che il re, appena entrato nell’abitazione del comandante della piazza, nel Castello svevo, aveva baciato la mano alla moglie dell’ammiraglio, la signora Rubartelli (che era in vestaglia; non aveva fatto a tempo a vestirsi) e subito aveva chiesto se poteva avere una tazza di caffè, e avutala l’aveva versata tutta sul tappeto; che Umberto aveva cercato per prima cosa un cavastivali, perché non riusciva a toglierseli (li teneva da più di settanta ore e gli si erano gonfiati i piedi); che la cena, molto frugale, si era svolta in silenzio, servita dalla governante della casa, Lena, mentre da uno spiraglio della porta il figlio dei Rubartelli, otto anni, guardava incuriosito quegli strani signori con le teste chine e gli occhi smarriti; e poi tutti quei generali, che in serata avevano fatto aprire qualche negozio per comprare biancheria, fazzoletti e spazzolini da denti e poi erano scomparsi, ospiti silenziosi negli alberghi Internazionale e Moderno. Chi erano, si chiedeva la gente, e perché cercavano di non farsi vedere?

Nella sede dell’ammiragliato nel Castello Svevo l’ammiraglio (in Marina ha un soprannome: “Bottiglione”) e la signora Rubartelli hanno ceduto il loro appartamento ai sovrani e si sono ritirati al piano di sotto. Di guardia al castello, in mancanza di carabinieri e di agenti di polizia, stanno gli allievi dell’Accademia navale di Livorno, arrivati, in fuga da Venezia, a bordo del Saturnia, i primi di settembre3. La gente lo chiama il “piccolo Quirinale”, ma tutti sanno che nell’appartamento del re la stanza da bagno è una sola e la mattina gli augusti ospiti devono fare i turni.

Badoglio, che è amante delle comodità e insieme al ministro Sandalli e al duca Acquarone aveva trovato una prima precaria sistemazione nella casermetta dei sommergibilisti, ha fatto requisire una villa nei pressi dell’aeroporto; ma come capo del governo sta in città, nel palazzo della provincia, dove c’è anche il ministero dell’interno. È un ministero senza ministro, come tutti gli altri (di ministri ce ne sono solo due; Sandalli, aeronautica, e De Courten, marina), e al suo posto è stato chiamato il prefetto di Taranto, Silvio Innocenti, che, bravo funzionario, è riuscito a mettere in piedi, con una decina di impiegati, un minimo di struttura burocratica; si chiama Ufficio affari civili.

Questo Regno del Sud, che gli angloamericani chiamano “King’s Italy”, l'”Italia del re”, è stato riconosciuto una settimana fa dalle autorità angloamericane, ma con una giurisdizione puramente amministrativa e solo su quattro province (Bari, Brindisi, Lecce e Taranto), con la copertura di una così chiamata all’inizio “Commissione alleata” e poi (il prossimo 10 novembre) “Commissione alleata di controllo”.4 La Commissione è presieduta da un generale inglese, Noel Mason MacFarlane5, e ha due membri, l’inglese Harold MacMillan6 e l’americano Robert Murphy, consigliere personale di Eisenhower. La Commissione è arrivata il 13, tre giorni dopo il fatidico sbarco, e si è insediata del palazzo della Provincia, nelle stanze accanto a quelle di Badoglio e dei suoi collaboratori.

La convivenza nello stesso appartamento della Commissione alleata e del governo del Regno dà un segno dei limiti dei poteri di Badoglio. La Commissione ha infatti il controllo di tutti i mezzi di comunicazione terrestri e marittimi e ha il diritto di censura sulla radio, la stampa, gli spettacoli. Ma forse le difficoltà maggiori sono di ordine costituzionale e finanziario. In tasca, Badoglio ha pochi spiccioli, anche se è stato molto accorto e prima di lasciare Roma ha fatto accreditare 162 milioni di lire presso la filiale di Bari della Banca d’Italia7.

Sul piano giuridico l’inesistenza di un Consiglio di ministri e quindi l’impossibilità di emanare decreti legge blocca il lavoro dell’Ufficio affari civili. Il prefetto Innocenti ha tuttavia avuto una buona idea: le leggi di guerra dànno la facoltà di emettere ordinanze al comandante supremo delle forze armate. La figura del comandante è ancora istituzionalmente impersonata dal re e quindi, anche se in contrasto con la Costituzione, si può affidare a Vittorio Emanuele il potere legislativo; un potere che tra una settimana, il 30, un bando del re passerà al Capo di stato maggior generale, il generale Ambrosio.

In questi giorni è però il discorso fatto da Mussolini dalla radio di Monaco a muovere le acque. Accanto al Regno del Sud ci sarà una Repubblica del Nord? Bisognerà rispondere, si dice. E come?

Per fortuna a Bari funziona l’emittente radiofonica dell’Eiar8, che il fascismo ha curato in modo particolare per fare arrivare la sua voce nella penisola balcanica e nel Medio Oriente. Partite le truppe tedesche, il 10 settembre un gruppo di giovani intellettuali antifascisti, cresciuti all’ombra di Benedetto Croce e della casa editrice Laterza, ha occupato la sede dell’Eiar e ha subito cominciato a trasmettere un notiziario con le notizie captate con l’ascolto di radio Londra e con i comunicati della Bbc.

Una buona premessa. Cinque giorni fa, il 16, è arrivato a Brindisi un ufficiale inglese, il maggiore Jean Greelees. È sbarcato a Taranto con i primi gruppi dell’8a armata inglese e si è presentato a Badoglio come rappresentante del Pwb, l’organo delle Forze armate angloamericane per l’informazione e la propaganda (“Psycological Warfare Branch”); dopodiché si è installato nella sede dell’Eiar. Con lui Radio Bari diventerà ancora più importante. Greenlees è uno studioso, conoscitore di Benedetto Croce, e subito stabilisce buoni rapporti con gli intellettuali liberalsocialisti baresi che confluiranno poi nel Partito d’azione. Si è visto subito: tre giorni fa Radio Bari ha trasmesso, dopo il telegiornale delle 20, una conversazione intitolata “La morte del fascismo”. In futuro Greenlees mostrerà di essere amico più degli antifascisti del Comitato di liberazione che non di Badoglio, giustamente preoccupato degli orientamenti repubblicani di quasi tutti in partiti del Cln e specialmente del Partito d’azione.

Il discorso di Mussolini di tre giorni fa da Radio Monaco merita comunque una risposta e per questo Radio Bari ha i microfoni aperti. La risposta di Badoglio è interessante e converrà quindi darne ampio stralci. “Da una radio straniera” ha cominciato “Mussolini ha pronunciato un discorso per precisare agli italiani le responsabilità del Sovrano e del governo nazionale nella tragica situazione attuale del paese, e per gettare le basi programmatiche del nuovo governo fascista repubblicano. Ritengo in merito necessario dire alcune verità agli Italiani.

“Dopo la conquista dell’Impero, l’Italia ed il suo popolo avevano lavoro per un secolo almeno, per mettere questo Impero in completa fase di produzione. Invece, sebbene non richiesto dai tedeschi, Mussolini gettò il Paese nella nuova guerra, non voluta né sentita da alcuno e non vivificata dall’odio contro il nuovo nemico. Il paese, già stremato dalle precedenti guerre di Etiopia e di Spagna si presentò alla nuova assolutamente impreparato, con l’esercito ancora armato con le armi della guerra ’15-’18, e con una deficienza impressionante di materie prime, senza alcuna speranza di migliorare la situazione, mentre era evidente che avremmo avuto per nemici i più ricchi e potenti stati del mondo.

“In questi tre anni di guerra la Germania ci ha sempre considerato come un popolo inferiore, ha taglieggiato le nostre provincie, asportando merci di ogni genere, ha reso necessario per il popolo italiano un regime alimentare assolutamente insufficiente, inferiore di gran lunga al germanico, ha contribuito al deprezzamento della nostra valuta spendendo a piene mani nel nostro paese, ha soprattutto voluto sempre comandare sulle nostre Forze armate. La guerra compiuta dalla Germania non è stata una guerra di alleato, ma è stata soltanto la guerra germanica; lo scacchiere africano e poi quello italiano hanno rappresentato degli antimurali della Germania così come lo rappresentano la Francia, l’Ucraina, la Grecia, la Romania ed altri paesi occupati.

“Durante questi tre anni di guerra l’esercito italiano è stato da Benito Mussolini, comandante in capo delle Forze armate, disseminato in tutta l’Europa, a difendere la Provenza, la Croazia, la Grecia, Creta ed è stato inviato a combattere in Russia… Quando poi il nemico è arrivato alle porte d’Italia ed ha attaccato la Sicilia, non vi erano più divisioni italiane per difendere il sacro suolo della Patria.

“Quale era la situazione dell’Italia al 25 luglio scorso? Tutte le colonie perdute, il nemico in Sicilia, l’esercito disseminato ovunque, la marina da guerra fortemente provata nel naviglio sottile, che è il più importante nell’attuale guerra, la marina mercantile quasi distrutta, l’aeronautica quasi inesistente, le materie prime forniteci dalla Germania in diminuzione, i nodi ferroviari ed intieri quartieri delle nostre città distrutti, i rifornimenti alimentari al sud impossibili, le industrie fortemente menomate dalle offese aeree, la situazione alimentare del Paese sempre in peggioramento, molte centinaia di miliardi di debito pubblico, nessuna reale speranza di vittoria.

“In questa situazione venne a inserirsi il voto di sfiducia del maggior organo del partito al suo capo, ed il Sovrano non poteva che costituire un nuovo governo, venendo incontro al desiderio di tutto il popolo. Si venne così al fermo di Mussolini, fatto per salvare la sua persona da offese gravi e lo stesso Mussolini me ne ebbe a ringraziare in una lettera scrittami la notte dal 25 al 26 luglio9.

“Il nuovo Governo, nelle sopra esposte condizioni del paese, aveva l’obbligo di rivedere la posizione generale, pena la schiavitù e la distruzione della nazione, e doveva avere la libertà di dichiararsi vinto. Fu dichiarato l’armistizio l’8 settembre. Giova qui rendere noto che dopo il convegno di Feltre Mussolini comunicava ai suoi collaboratori, che possono rendere testimonianza, che meditava sganciarsi dai tedeschi per il 15 settembre, giacché Hitler lo aveva tradito.

“Le condizioni sono dure, perché non dobbiamo dimenticare che siamo vinti, ma conviene precisare che già talune clausole sono attenuate dagli sviluppi della situazione. Il disarmo delle unità dell’esercito non viene attuato: gli equipaggi non sono trattati come prigionieri: unità leggere navali nostre operano ai nostri ordini in scacchieri oltre mare con consenso alleato. La nostra reazione armata alle aggressioni di ogni genere germaniche ci porta sempre più su un piano di collaborazione con gli alleati, che non potrà non contare alla conclusione della pace.

“Ma conviene qui anche prendere in considerazione quale sarebbe stata la sorte dell’Italia se avesse continuato nell’alleanza a fianco della Germania e se questa avesse vinto la guerra. Non vi è dubbio che in questo caso, dato il disprezzo sempre dimostrato verso di noi, l’Italia sarebbe diventata un paese vassallo nel senso più pieno della parola.

“All’atto dell’armistizio, la Germania, dando attuazione ad un progetto già studiato in tutti i particolari e che sicuramente avrebbe attuato anche se non si fosse dichiarato l’armistizio, per impadronirsi delle forze armate e degli organi vitali e civili e politici del paese, ha immediatamente aggredito le nostre divisioni disseminate ovunque ed incapsulate dalle divisioni germaniche, riuscendo a sorprendere la buona fede di molti ed incontrando per fortuna in altri posti la decisa reazione italiana.

“Nel discorso di Mussolini si parla del mondo spirituale germanico, ma io ed il mio popolo cerchiamo invano tracce di questo mondo spirituale negli omicidi e nelle rapine di ogni genere compiute contro inermi cittadini di tutta Italia, nelle ruberie che i germanici stanno facendo in tutti i casolari dei contadini; lo cerchiamo invano nel trattamento disumano fatto ai nostri soldati, specie alpini in Russia, nella fucilazione annunciata del generale Sencer in Corsica, di 180 prigionieri italiani se non verranno restituiti 18 prigionieri tedeschi, lo cerchiamo invano cotesto mondo spirituale germanico negli ostaggi presi dal maresciallo Rommel contro tutti i diritti delle genti, di questo maresciallo Rommel che, secondo radio Berlino, dovrebbe essere il vendicatore del tradimento italiano, e verso il quale invece dovranno vendicarsi i combattenti d’Africa perché è il primo responsabile di tutte le nostre sventure africane”.

Qui alcune solenni assicurazioni: che “il Sovrano e la Sua Casa sono l’esponente del pensiero del popolo italiano e rappresentano l’unità della nostra patria”; che “il popolo italiano ha manifestato chiaramente i suoi sentimenti il 26 luglio e non vuol più saperne del fascismo, repubblicano o monarchico che sia”; che “le Forze armate hanno prestato giuramento al re e solo al re ubbidiscono e ubbidiranno”; che “il popolo italiano non ha tradito il tedesco, ma è stato tradito dal binomio fascismo-nazismo; che “il popolo italiano non dimenticherà mai le aggressioni, le spogliazioni di ogni genere, gli arbitrii, le prepotenze germaniche di queste settimane”.

Il finale: “I combattenti che ritorneranno e che avranno ancora più forti nell’animo i risentimenti per ciò che hanno sofferto, i contadini, gli artigiani, ed i piccoli impiegati che hanno risentito e risentiranno più di tutti delle conseguenze di questa guerra forgeranno sotto la guida di Casa Savoia e del Governo Nazionale, i futuri destini della Patria”. E l’ultima frase: “Nell’opera di ricostruzione materiale il Governo confida nella collaborazione angloamericana”.


1 Si veda la giornata del 10 settembre.

2 Il re portava il lutto per la morte del genero, Boris III re di Bulgaria, avvenuta il 28 agoato a Sofia. Nato nel 1894, Boris, primogenito di Ferdinando I di Sassonia Coburgo-Gota, era salito al trono nel 1918; nel 1930 aveva sposato Giovanna di Savoia. Nell’agosto del 1943, di ritorno da un incontro con Hitler, al quale sembra avesse chiesto la sganciamento del suo paese dalla coalizione di guerra, si ammalò e morì dopo pochi giorni di agonia.

La cartolina ricordo del matrimonio di Giovanna di Savoia col re Boris III di Bulgaria

La cartolina ricordo del matrimonio di Giovanna di Savoia col re Boris III di Bulgaria.

3 Si veda la giornata del 10 settembre.

4 La Commissione alleata di controllo (ACC) fu istituita ufficialmente il 10 novembre 1943 in attuazione dell’art. 37 dell’armistizio. Dipendeva dal Comandante supremo delle forze armate anglo-americane nel Mediterraneo e aveva il compito di vigilare per conto delle Nazioni Unite sul rispetto delle clausole dell’armistizio. Era dunque (si veda il sito dell’Archivio Centrale dello Stato) un “organo militare di controllo e supervisione dell’attività del governo italiano nei territori che venivano ad esso progressivamente restituiti e svolgeva, quindi, attività di natura essenzialmente civile. L’esigenza di una struttura che si occupasse degli affari civili nei territori da conquistare era maturata nella fase di preparazione della campagna d’Italia quando tra le forze armate alleate in Nord Africa, che si apprestavano allo sbarco in Sicilia, fu costituita una Sezione affari civili, poco dopo denominata AMGOT (Allied Military Government of Occupied Territories). Muovendosi al seguito delle armate che avanzavano in Italia, cioè la Quinta armata americana e l’Ottava armata britannica, le unità dell’AMGOT – riorganizzata il 24 ottobre 1943 e denominata AMG – avevano il compito di assumere il governo dei territori conquistati e quindi assicurare linee di comunicazione sicure, assistere le popolazioni civili nelle necessità primarie, ristabilire legge e ordine, istituire i servizi essenziali, organizzare il governo locale…La Commissione alleata di controllo, che nell’ottobre 1944 aveva cambiato la sua denominazione in Commissione Alleata (AC), cessò di operare formalmente il 31 gennaio 1947”.

Un organo analogo, sempre chiamato AMGOT, fu creato in Germania, Austria, Giappone, Olanda, Lussemburgo, Belgio e Danimarca. In Italia l’AMGOT si occupava dell’amministrazione di tutto il territorio italiano in mano alleata, eccetto la Sardegna e le province di Lecce, Brindisi, Bari e Taranto, che erano state assegnate dagli angloamericani già il 19 settembre al Regno del Sud. In seguito, con la restituzione dei territori al governo italiano, sottoposto comunque alla supervisione della Commissione di Controllo Alleata (CCA), avvenuta l’11 febbraio del 1944, la sua competenza si restrinse a Napoli, alle zone nelle vicinanze del fronte e a quelle di particolare interesse militare. Quello che ormai si chiamava AMG continuò ad operare in Italia, essendo ormai la stessa cosa della CCA, fino al 31 dicembre 1945.

5 Il luogotenente-generale Noel Mason-MacFarlane, nato a Cookham nel 1889, è stato governatore di Gibilterra; sarà eletto nel 1945 alla Camera dei Comuni per il Partito laburista.

6 Lord Harold MacMillan, conte di Stockton, nato a Londra nel 1894; sarà nel governo Eden prima ministro degli esteri e poi Cancelliere dello Scacchiere; primo mimistro nel 1957.

7 Molte di queste informazioni sul Regno del Sud sono riprese da Il re a Brindisi di Ada provenzano e Flavio Albini in www.bpp.it.

8 L’Eiar (Ente italiano audizioni rediofoniche) era stato creato nel 1927 come ente pubblico per la gestione degli impianti e la diffusione dei programmi radiofonici sotto il controllo del governo e del ministero della cultura popolare. Nel 1944 cambierà il suo nome in Rai (Radio audizioni italiane) e poi, nel 1954, in Rai-Radiotelevisione italiana.

9 Per questa lettera si veda la giornata del 28 luglio.


21 settembre – Di più

– Come è detto sopra, gli allievi dell’Accademia navale di Livorno si sono trovati a Brindisi, senza sapere che era la sede del governo Badoglio e la residenza di re Vittorio. Come sono arrivati nella capitale del Regno del Sud ce lo racconta l’ammiraglio Renato Battista La Racine, che era allora uno degli allievi a bordo del “Saturnia”.

“Nell’estate del 1943 l’Accademia Navale a causa dei bombardamenti si era trasferita da Livorno al Lido di Venezia, occupando l’albergo Excelsior per le stanze e il Casinò per gli uffici, la mensa e le aule di studio. Nell’agosto confluivano al Lido i diplomati dei licei e degli istituti tecnici desiderosi di sostenere gli esami per il concorso di ammissione alla 1a classe dell’accademia. Arrivavano anche gli allievi della futura 3a classe, che erano stati sfollati in alberghi a Colle Isarco in provincia di Bolzano; gli allievi della futura 2a classe erano invece in crociera in Adriatico sulle navi scuola ‘Amerigo Vespucci’ e ‘Cristoforo Colombo’.

“Indimenticabile l’annuncio dell’armistizio con il giornale radio delle 19.45, mentre gli allievi erano a tavola per il pasto serale, tra la loro costernazione generale e il poco gradito tripudio del personale inserviente militare e civile.

“Il comando dell’accademia nella persona dell’ammiraglio Guido Bacci di Capaci si adoperava subito per sottrarre il personale dipendente dalla cattura da parte dei tedeschi, requisendo due navi da passeggeri ormeggiate in porto a Venezia, il ‘Saturnia’ e il ‘Vulcania’ della Società Italiana di Navigazione; le due navi erano state in precedenza sotto il patrocinio della Croce Rossa Internazionale, utilizzate per il rimpatrio di civili e di soldati feriti italiani dall’Africa orientale, dopo la caduta della colonia in mano agli inglesi. Il ‘Saturnia’ era destinato al personale di Venezia e l’imbarco avvenne il mattino del giorno 9, con l’equipaggio molto contrario alla partenza ma convinto senza troppi complimenti, in quanto militarizzato con le leggi di guerra, dall’intervento di un piccolo drappello armato di carabinieri. Imbarcavano tutti gli allievi, il personale militare di tutti i gradi dell’accademia, gli insegnati civili, tutto il personale di servizio dell’accademia, i fedelissimi ‘famigli’ livornesi inservienti di tavola, guardarobieri, sarti, barbieri. Ciascuno degli allievi con il suo corredo personale portato a spalla in una coperta, casse a parte con tutti i libri e il necessario scolastico per il proseguimento degli studi e in proporzione in minore quantità viveri di riserva (galletta da marinaio e scatolame). Il ‘Vulcania’ sarebbe stato destinato alla fuga al Sud dei corsi di complemento alloggiati in alberghi a Brioni vicino a Pola; il presente appunto non include la descrizione delle loro sfortunate vicende per la mancata partenza, la loro cattura da parte dei tedeschi e l’internamento in Germania.

“La sera del 9 avvenne una prima partenza, seguita da un rapido rientro alla notizia di motosiluranti tedesche in Alto Adriatico. La partenza ebbe luogo definitivamente nella tarda mattinata del giorno 10. Il ‘Saturnia’ procedeva alla massima velocità, effettuando – come buona regola – spezzate di zigzaga mento, intese a rendere difficoltoso l’attacco da parte di un eventuale sommergibile. Tutti dormivano in coperta. Nel primo pomeriggio dell’ 11 di fronte a Brindisi il “Saturnia” venne fermato da un sommergibile alleato battente bandiera polacca, il Sokol; esso veniva informato, da un ufficiale dell’accademia parlante la lingua polacca inviato a bordo, della natura dei passeggeri, che il ”Saturnia” era diretto a Sud e la nave venne lasciata proseguire.

“Giunti poche ore dopo del medesimo giorno 11 al traverso delle secche antistanti il faro di S. Cataldo sulla costa al largo di Lecce, il “Saturnia” senza ridurre di velocità accostava a dritta, portandosi in secco. Si è molto discusso su chi abbia causato l’incaglio. Viene riportato che gli ufficiali dell’accademia, che durante la navigazione affollavano il ponte di comando, fossero – viceversa – assenti durante l’incaglio e la scelta del banco di sabbia potrebbe indicare la volontà a un livello responsabile di non danneggiare la nave e mettere in pericolo i passeggeri. L’ipotesi più attendibile è che si sia trattato di un atto deliberato compiuto dal capitano della nave. previo accordo con il comandante dell’accademia. Il mantenimento dell’alta velocità di navigazione (per disincagliare la nave occorreranno numerosi rimorchiatori e alcuni giorni) intendeva simulare un errore di manovra durante lo zigzagamento per ridurre la responsabilità del capitano nella condotta della navigazione e quella dell’ammiraglio di sottrarsi al vincolo di andare al Sud. Viene riferito che l’ammiraglio Bacci negli anni successivi, parlando con le persone che gli erano vicine, non abbia mai voluto dare spiegazioni. Conoscendo la mentalità di quei vecchi personaggi non è forse azzardato avanzare l’ipotesi che il suo dispiacere di aver contravvenuto a un ordine (recarsi al Sud) sia stato a mala pena compensato dalla soddisfazione di aver portato in salvo i suoi diletti allievi.

“A Brindisi il collegio navale ex-GIL, gemello di quello di Venezia poi Morosini, era vuoto in relazione alle vacanze estive. I tedeschi avevano lasciato la città e gli alleati non erano ancora arrivati. L’accademia venne sbarcata dal “Saturnia” il 12. La famiglia reale era già giunta a Brindisi il 10. Nei dormitori non c’erano letti e gli allievi hanno dormito per alcune notti per terra sulla loro coperta e successivamente su letti a castello. Subito attivata l’organizzazione scolastica grazie allo sbarco dei materiali dai rimorchiatori tra il 13 e il 14, con un notevole contributo di facchinaggio da parte degli allievi. Le aule vennero attivate il 15 settembre (citiamo un insegnante: “……..come si diceva la settimana scorsa a Venezia”). Venne ripreso integralmente l’orario giornaliero dell’accademia con i suoi segnali di tromba, le sue assemblee (termine navale per “adunata”), attività sportive, punizioni e ricompense; nell’arco di pochi giorni vennero effettuati gli esami per il concorso alla 1a classe. Una bella prova di impegno nella continuità della istituzione da parte della Marina, di cui i suoi componenti sono andati sempre fieri. Il bando di concorso originario del tempo di guerra prevedeva 300 posti, ma di fatto la 1a classe è risultata costituita da 130 allievi, poi ridotti a 70 al termine dei tre anni.

“Gli allievi rinunciatari o rinviati al concorso, che non potevano essere restituiti alle famiglie al Nord, vennero inquadrati in una separata sezione con una fettuccia bianca al posto di quella rossa della 1a classe sulla spalla del maglione da allievo. Confluivano anche in accademia, inquadrati in un’apposita sezione, gli allievi dell’Accademia Aeronautica che si trovavano al Sud e tra di loro Bartolucci, un futuro capo di stato maggiore; si rinnovava quanto accaduto nel 1923-26, all’atto della costituzione dell’Arma Aeronautica, con i suoi allievi ospitati all’ Accademia Navale di Livorno.
“Il 14 ottobre arrivarono a Brindisi il ‘Vespucci’ e il ‘Colombo’, che si ormeggiarono davanti al collegio, continuando a offrire ospitalità agli allievi della 2a classe; il comandante delle due unità, capitano di vascello Sebastiano Morin, nel collegarsi per radio prima di entrare a Brindisi per accertarsi della identità del corrispondente aveva richiesto il proprio soprannome al tempo dell’accademia (“Bastianino”).

“Era notevole l’impazienza degli allievi riprovati e rinunciatari insoddisfatti di una attesa senza prospettive, in dissidio con il comando dell’accademia che non dava loro il consenso di lasciare l’istituto con il problematico desiderio di ricongiungesi alle famiglie al Nord. Il 6 ottobre alcuni di loro ruppero i lucchetti del deposito vestiario, si dotarono di abiti borghesi ed eludendo la sorveglianza lasciarono il collegio navale; il mattino successivo a Cellino S.Marco si arruolarono volontari nel 5° battaglione Bersaglieri. Nella battaglia di Montelungo l’8 dicembre 1943 sul fronte della 5a armata americana caddero in combattimento cinque di loro (Giovanni Battista Bornaghi, Roberto Morelli, Dario Sibilla, Ludovico Luraschi, Luigi Santi). La 3a classe iniziò le uscite in mare sulle navi della Marina impiegate nelle operazioni della cobelligeranza; intorno al 27 settembre cadderp in una azione della torpediniera “Stocco’, affondata da aerei tedeschi sulle coste albanesi, due allevi, Miele e Maritati.

“Significativo l’avvenimento della S. Messa alla presenza della famiglia reale nella pineta del collegio a metà ottobre con la predica di un cappellano di complemento, Giulio Bevilacqua, unitosi all’accademia a Brindisi. Persona di rilievo con importante posizione nella congregazione dei Padri Filippini di Bergamo, allo scoppio della guerra all’età di 59 anni aveva voluto unirsi ai cappellani di Marina, prestando servizio sulle navi ospedale, esperienza molto impegnativa con il recupero di naufraghi e di morti negli scontri navali (ricordiamo il film “La nave bianca” di Roberto Rossellini del 1941, girato sulla nave ospedale “Arno”, dove Bevilacqua era imbarcato). Nella predica Bevilacqua si rivolse al Re ‘in esilio’, richiamandolo all’assunzione delle sue responsabilità con abbastanza trasparente richiamo a Carlo Alberto, esule dopo la battaglia di Novara; sebbene non si siano rinvenute tracce documentali, vi soni indicazioni che la casa reale abbia avanzato proteste al comando dell’accademia e che il cappellano sia stato assente dal servizio per qualche giorno (arresti?). Il 4 dicembre 1943, Santa Barbara, importante festa della Marina, ebbe luogo il giuramento degli allievi che avevano compiuto i 18 anni”.