7 ottobre
L’ordine di disarmo dell’Arma dei carabinieri reali, fondata da Vittorio Emanuele I di Savoia nel 1814, è stato firmato ieri1 dal maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani, ministro per la difesa nazionale della Repubblica Sociale: “I militari resteranno disarmati nei rispettivi posti”, “Gli ufficiali resteranno nei rispettivi alloggiamenti, sotto pena, in caso di disobbedienza, di esecuzione sommaria e di arresto delle rispettive famiglie”. Motivo: “Inefficienza numerica, morale e combattiva dell’Arma”.
Ieri sera alle 21 il tenente colonnello delle SS Herbert Kappler, capo della polizia e dei Servizi di sicurezza tedeschi a Roma, ha inviato un telegramma a Berlino: “Il disarmo dell’Arma dei carabinieri, da me proposto, inizierà questa notte. L’ordine proviene dal maresciallo Graziani, ministro della guerra, ed è stato autorizzato dal maresciallo Kesselring”.2
Kappler aveva molti motivi per proporre l’eliminazione di un corpo militare che gli appariva sospetto e infido. Dopo l’armistizio dell’8 settembre l’esercito si è disfatto e solo i carabinieri sono rimasti al loro posto. Hanno giurato fedeltà al re e anche se il re è fuggito non hanno rinnegato il loro giuramento; il giuramento non è stato fatto a Vittorio Emanuele ma al capo dello stato. I carabinieri si sono mostrati disposti a continuare a svolgere compiti di polizia, ma non a schierarsi col nuovo regime repubblicano della Rsi. E poi molti carabinieri hanno combattuto contro i tedeschi a Roma a Porta San Paolo il 10 settembre e insieme alla popolazione a Napoli alla fine del mese3. Kappler ha avuto anche voci di costituzione di un fronte clandestino di resistenza dei carabinieri e addirittura di una banda in formazione, intitolata al generale dei carabinieri Filippo Caruso4.
Ma c’è un motivo più importante: Kappler ha già progettato per questo mese, fra sette o otto giorni, la deportazione degli ebrei di Roma e teme che i carabinieri possano intervenire, per doveri e responsabilità di istituto, a ostacolare se non a impedire la sua operazione. Meglio non averli fra i piedi.
I carabinieri di stanza a Roma sono ottomila. L’ordine di Graziani è tenuto segreto e segreti riescono ad essere gli ordini di Kappler ai suoi reparti. L’arrivo dei soldati tedeschi nelle varie caserme romane e al Comando generale in via Romania è perciò una sorpresa per i carabinieri e i loro ufficiali, a cui, con i mitra spianati, si chiede di consegnare le armi. È una operazione il cui svolgimento non si può raccontare nei particolari, perché non ci sono documenti, salvo la lettera di Graziani e il telegramma di Kappler, né rapporti né testimonianze del fatto.
C’è solo da dire che l’operazione non ha completo successo. Qualche voce è uscita, è passata da una caserma all’altra, è arrivata nelle stazioni di quartiere. Degli ottomila carabinieri seimila riescono a fuggire, molti con le loro armi. Duemila, forse un po’ più di duemila, sono disarmati, sequestrati, caricati su camion, portati in serata alla stazione Ostiense e caricati su carri bestiame.
“Nel vagone” dirà il carabiniere Ovidio Labella, uno dei pochi, di quei carabinieri, che hanno scritto qualcosa su questa giornata “troviamo due o tre balle di paglia che sistemiamo sul pavimento. Dopo tre quarti d’ora il convoglio si muove per fermarsi poco dopo fino al mattino alle 10 al Portonaccio. Qui vengono aperti i portelloni per i bisogni corporali, poi di nuovo su e via. Per dove? Mah”.
Il treno è diretto in Germania, in questo o quel lager. I carabinieri deportati saranno cinquemila e si aggiungeranno agli ottocentomila soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei campi di lavoro in Germania e in Polonia. Le autorità tedesche li chiameranno “Italienische Militär-Internierten”, internati militari italiani, IMI5
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1 Sul sito internamentoereticolati sono presenti diversi documenti relativi a questa giornata:
– l’originale della lettera del maresciallo Graziani,
– Ordine delle operazioni a firma del generale di Brigata Dolfini, pagina 1 e pagina 2 che dà disposizioni dettagliate sull’arresto e la deportazione dei Carabinieri di Roma,
– Documento del Generale Comandante la Polizia dell’Africa italiana che aveva aderito alla RSI e che sostituisce i Carabinieri nel servizio d’Istituto.
2 Il telegramma, insieme a tanti altri, è sul blog di Giuseppe Casarrubea.
3 Si veda la giornata del 30 settembre.
4 Dopo l’8 settembre 1943 il generale Filippo Caruso, ufficialmente pensionato, diede vita al Fronte clandestino di resistenza dei carabinieri (noto anche, dal suo nome, come “Banda Caruso”). Arrestato dalla polizia tedesca il 24 giugno 1944 e rinchiuso nel carcere delle SS di via Tasso, resistette alle torture senza parlare (restò menomato e dichiarato “grande invalido di guerra”) e riuscì a fuggire in extremis. Decorato di medaglia d’oro al valor militare, riprese nuovamente il servizio riorganizzando le strutture territoriali dei carabinieri a mano a mano che i territori italiani venivano liberati. Continuò la sua attività come generale di divisione fino al 1957.
Di famiglia borghese con tradizioni militari e risorgimentali aveva frequentato l’Accademia Militare di Modena, aveva preso parte alla guerra italo-turca (1911-1912) e nel 1914 era entrato nell’Arma dei carabinieri. Aveva preso parte alla prima guerra mondiale, dove era stato decorato con due medaglie di bronzo al valor militare. Nel gennaio del 1942 era stato promosso generale di brigata e nel marzo del 1943 era stato congedato per limiti di età (da Wikipedia).
5 Si veda la giornata del 12 ottobre (“Comincia la tragedia degli 810 mila soldati italiani catturati dai tedeschi sui vari fronti di guerra e trasferiti in Germania: prigionieri di guerra o disertori? Sono classificati come ‘internati militari’ (Imi), categoria ignorata dalla Convenzione di Ginevra“– la giornata è ancora in fase di scrittura).
7 ottobre – Di più
– Il 12 settembre, con lo sbarco del re a Brindisi (si veda la giornata del 10 settembre), era stato subito istituito un “Comando carabinieri reali dell’Italia meridionale”. Il 15 novembre, con l’arrivo degli angloamericani in Puglia, fu costituito in “Comando Arma carabinieri reali dell’Italia liberata”. Nello stesso giorno un radiomessaggio letto da Radio Bari incitava i militi dei territori occupati a combattere le truppe tedesche, ma in maniera da salvaguardare la popolazione civile.
Numerosi carabinieri scelsero di entrare nel ricostituito Regio Esercito; il primo nucleo fu chiamato Primo Raggruppamento motorizzato, che divenne poi Corpo italiano di liberazione (si veda la giornata del 16 dicembre – “Reparti italiani combattono al fianco delle truppe americane. E’ il primo gruppo di quello che sarà il Corpo italiano di liberazione. A Monte Lungo, sulla via Casilina, a sud di Anagni, la prova del fuoco; otto giorni di duri combattimenti contro i tedeschi” – la giornata è ancora in fase di scrittura). Dopo il battesimo del fuoco in novembre a Monte Lungo il Corpo italiano combatté al fianco degli Alleati fino alla vittoria finale.
Nella Repubblica Sociale l’Arma dei carabinieri fu sciolta e i militari rimasti al loro posto furono fatti affluire nella Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) insieme a quanto restava della vecchia Milizia Volontaria per la Sicurezza nazionale (MVSN) e della Polizia dell’Africa italiana (PAI). L’11 agosto del 1944 la GNR confluì nell’Esercito Nazionale Repubblicano.
Nei territori annessi alla Germania nazista (l’Adriatische Küstenland, cioè le province di Trieste e Gorizia, e l’Alpenvorland, cioè le province di Bolzano, Trento e Belluno) i carabinieri esercitavano funzioni di polizia locale agli ordini delle autorità naziste.
Notizie più ampie su Wikipedia e sul sito dell’Arma dei carabinieri.
– Sulla deportazione dei duemila carabinieri romani ha scritto un bel libro Anna Maria Casavola: “7 ottobre 1943 – La deportazione dei carabinieri romani nei lager nazisti”, Editore Studium, Roma. Sul sito dell’Arma dei carabinieri la presentazione del libro e una lunga intervista con l’autrice.
– Nei giorni successivi all’armistizio dell’8 settembre i militari italiani disarmati e catturati dai tedeschi furono 1.007.000, su un totale approssimativo di circa 2.000.000 sotto le armi. Di questi, 196.000 scamparono alla deportazione dandosi alla fuga. Dei rimanenti 810.000 circa (di cui 58.000 catturati in Francia, 321.000 in Italia e 430.000 nei Balcani), oltre 13.000 persero la vita durante il trasporto dalle isole greche alla terraferma: 94.000, tra cui la quasi totalità delle Camicie Nere della Milizia fascista, passarono con i tedeschi.
Nei campi di concentramento in Germania vennero deportati circa 710 mila militari italiani con lo status di “internati militari” (IMI) e 20 mila con quello di prigionieri di guerra. Entro la primavera del 1944, altri 103 mila si dichiararono disponibili a prestare servizio per la Germania o la Rsi, come combattenti o come ausiliari lavoratori. In totale circa 650 mila rifiutarono di continuare la guerra al fianco dei tedeschi .
Le perdite fra gli internati vanno dai 37 mila ai 50 mila: circa 10 mila morti per la durezza e pericolosità del lavoro coatto nei lager; 23 mila deceduti per le malattie e la malnutrizione; 4.600 per esecuzioni capitali all’interno dei campi; 2.700 per i bombardamenti alleati nei centro dove prestavano servizio.