8 dicembre
Il primo numero della Stefani “repubblichina” esce oggi. La carta è quella stessa usata a Roma con l’intestazione “AGENZIA STEFANI – S.A. (Cap. L. 1.000.000) – Fondata nel 1853 – Roma – via di Propaganda n.27”. Le prime tre pagine portano come ora le 6.35; la quarta le 19.15, la quinta le 19.30, la sesta le 20, la settima le 22.50, l’ottava le 22.30, la nona e ultima le 24: sette lanci, distribuiti vuoi per fattorino ai destinatari di Salò e delle altre vicine sedi del governo, vuoi per telefono ai giornali abbonati. Complessivamente le notizie sono 19, evidentemente ricevute per telefono o captate per radio; tre vengono da fonte ufficiale tedesca, fra cui il lungo comunicato del Comando supremo delle forze armate tedesche “dal Quartier generale del Führer”.1
I redattori sono cinque: tre per il servizio estero, di cui due alle prime armi, e due per il servizio interno. Forse per questo, forse per l’emozione la prima pagina del ciclostilato ha due errori, e sùbito sono stati rilevati: ha Salò come provenienza, laddove tutti gli enti di governo e politici scrivono “Quartiere generale” o “Posta da campo”; e la data “1943” non è accompagnata dall’anno della cosiddetta era fascista, il XXII.
L’ordine di trasferirsi in alta Italia come tutte le altre attività dello stato italiano è arrivato alla Stefani dal ministero della cultura popolare il 27 settembre ed è stato confermato il 1o ottobre2 con una lettera urgente e riservata del ministro della cultura popolare, evidentemente per garantire ufficialmente la copertura delle spese di trasferimento oltre a quelle per la liquidazione del personale dell’ufficio di Roma.
Le testimonianze parlano, in quei giorni di settembre-ottobre, di frenetici progetti di partenza e di frenetici preparativi in tutti gli ambienti romani del potere fascista. “Andare al Nord” era la parola passata di bocca in bocca e in quel “Nord” non meglio specificato c’era di tutto: la paura e la speranza, l’ombra di Stalin e il carisma di Mussolini e di Hitler, la forza delle illusioni (le “armi segrete” delle Germania, di cui si parlava da qualche tempo) e il tentativo di scongiurare la definitiva catastrofe.
Alla Stefani l’imballaggio del materiale più importante è stato compiuto con eccezionale rapidità. Già il 1o ottobre l’agenzia era in condizioni di spedire via celere da Roma Termini a Belluno, dove sono arrivate l’8, e da qui a Venezia, dove sono arrivate il 9, quattro tonnellate di “mobili di ufficio e di archivio”: quattro carri ferroviari; costo complessivo della spedizione 40.155 lire e quaranta centesimi.
Nessuno sapeva bene dove la sede dell’agenzia si sarebbe sistemata. A Venezia il direttore Marcheselli e il direttore amministrativo Vallicelli hanno trovato una precaria sistemazione, dopo una decina di giorni, in qualche stanza del rinascimentale palazzo dei Camerlenghi, ai piedi del ponte di Rialto, dove ora è la Corte dei Conti. All’ingresso è stata posta una targa: “Agenzia Stefani – Direzione generale”. Marcheselli e Vallicelli si sono infatti nominati “direttore generale”, politico il primo, amministrativo il secondo.
Qualche giorno dopo, la targa è stata tolta. Da Venezia, dove l’agenzia aveva il suo normale ufficio di corrispondenza in Calle Larga Mazzini, i due direttori sono partiti per Salò (togliendo il “generale” dalla loro qualifica di direttore). Il 14 ottobre a Maderno, sul lago di Garda, tra Gardone e Gargnano (nella villa Feltrinelli di Gargnano era sistemato Mussolini con la moglie Rachele), una riunione interministeriale ha infatti deciso, “in accordo con le autorità germaniche”, che, insieme ad alcune direzioni generali del ministero della cultura popolare (stampa italiana ed estera e ispettorato radio), anche la Stefani avesse sede a Salò: gli uffici nella colonia della Croce Rossa “Principe di Piemonte” (previa cancellazione dell’insegna) e gli alloggi dei dipendenti nell’albergo Roma, che il 28 dello stesso mese il Comando tedesco si è impegnato a lasciare3.
La villa Feltrinelli a Gargnano sulla sponda occidentale del lago di Garda, prima del restauro e della sua trasformazione in albergo a cinque stelle4. Mussolini vi rimase dall’8 ottobre del 1943 al 23 aprile del 1945 insieme alla famiglia. Il suo così chiamato “Quartier generale” era invece nel vicino Palazzo Feltrinelli, che oggi è la sede distaccata dell’Università di Milano e luogo di convegni internazionali di studi.
A Venezia erano arrivati alla spicciolata una quarantina di dipendenti dell’agenzia; di redattori solo quattro (fra cui Elio Lodolini, assunto in settembre, alla cui testimonianza si devono queste informazioni); gli altri erano impiegati e molti i fattorini con le relative famiglie. Tutti avevano trovato ospitalità nell’albergo Montecarlo in calle dei Serpieri. Vitto e alloggio pagati; stipendio niente, né notizie sulle future condizioni di lavoro.
Alla fine di ottobre si sono trasferiti tutti a Salò, ma non nelle sedi che erano state promesse, cioè la colonia ex principe di Piemonte e l’albergo Roma. L’agenzia si è sistemata nella sede della scuola elementare di via Brunati (che dopo la liberazione sarà intitolata ai sette fratelli Cervi) e i dipendenti in case private; i pasti all’albergo Benaco. Il vitto e l’alloggio sono pagati dal ministero della cultura popolare, ma gli stipendi non arriveranno che alla fine di febbraio.
L’albergo Benaco – dice Lodolini – era quello che si dice un porto di mare e vi si facevano conoscenze interessanti. Una sera al suo stesso tavolo c’era Ezra Pound; uno che non poteva mancare, in quella grande confusione.
Come scelta dei contenuti e come modo di presentarli, la Stefani dimostrerà, molto più e molto peggio di quanto non è accaduto nel passato, di essere non un’agenzia di informazioni ma una sezione distaccata del ministero della cultura popolare, cui è affidata la propaganda cioè la persuasione dei cittadini e la ricerca del loro consenso. Le notizie saranno spesso faziosamente commentate e il linguaggio rispecchierà la retorica del momento: il governo di Roma è il “governo del disonore”, l’Italia del Centrosud è l'”Italia del tradimento”, gli “angloamericani” vengono chiamati gli “alleati” ma sempre fra virgolette o, più spesso, gli “invasori”; gli organi istituzionali del Regno del sud sono detti “badogliani” e saranno detti “bonomini” dopo la formazione del governo Bonomi nel giugno del 1944. I partigiani saranno sempre “rinnegati” “ribelli”, “terroristi” o “banditi”.
Questa è, del resto, la situazione di tutta la stampa italiana della Repubblica Sociale. Il 26 ottobre il ministero della cultura popolare ha avvertito i giornali: “I comunicati riguardanti il Duce non possono essere pubblicati se non sono stati diramati dall’agenzia Stefani“; e l’ordine è stato ripetuto il 4 novembre e in termini ancora più precisi: “Qualunque notizia riguardante l’attività del DUCE non può essere pubblicata se non diramata dall’agenzia Stefani“; e anche le fotografie (Mussolini in questi tempi non mostra buona cera) non possono essere riprodotte “se non autorizzate di volta in volta dal ministero della cultura popolare”.
1 Il testo di questa giornata è ripreso da L’agenzia Stefani da Cavour a Mussolini di Sergio Lepri, Franco Arbitrio, Giuseppe Cultrera, editrice Le Monnier, Firenze, 2001.
2 Queste informazioni e molte delle successive sono nell’Archivio centrale dello stato, “liquidazione Stefani“.
3 Nel 1994 il “Consorzio alberghi riviera del Garda-Gardone riviera-Salò” ha pubblicato – a titolo promozionale – un opuscoletto su I luoghi della repubblica di Salò.
“La scelta della sponda occidentale del Garda come sede del nuovo governo – vi si legge – non era casuale. Il Garda era una località tranquilla, lontana dalle tensioni sociali delle grandi città, con una attività partigiana ridotta e con un basso rischio di attacchi aerei. Con l’annessione alla Germania del Trentino Alto Adige e di buona parte dell’alto lago i confini del Reich erano stati portati a Limone, a soli 20 chilometri da Gargnano”.
Ecco la mappa e l’itinerario proposto dai solerti albergatori:
– Gargnano. Benito Mussolini abitava in località San Giacomo nella villa Feltrinelli; insieme a lui la moglie Rachele, i figli Romano e Anna Maria, la vedova del figlio Bruno, Gina, con la figlia Marina; per qualche tempo, fino alla vigilia del processo di Verona, anche la figlia Edda Ciano; c’era anche un giocatore di calcio, notissimo, Eraldo Monzeglio, che faceva il maestro di tennis dei ragazzi; la villa era vigilata da trenta “SS” della guardia personale di Hitler, accasermate nelle cantine; l’unico collegamento con l’esterno era assicurato da un telefono da campo sotto controllo tedesco; a 600 metri dalla villa Feltrinelli, nel centro di Gargnano, la villa delle Orsoline ospitava il segretario particolare di Mussolini, Giovanni Dolfin, e il segretario politico, il figlio Vittorio; accanto, sul lungolago, il Comando del presidio tedesco, nella villa Avanzini; in località Bogliaco il palazzo Bettoni ospitava la presidenza del consiglio dei ministri.
– Maderno. Nelle scuole elementari il ministero dell’interno con a capo Guido Buffarini Guidi; nella villa Cavallero la residenza privata di Alessandro Pavolini, segretario del Partito fascista repubblicano (maliziosamente l’opuscolo dice che erano frequentissime le visite dell’attrice Doris Duranti); nella villa Adele un alto funzionario della segreteria di Mussolini, Eugenio Apollonio, con l’incarico di controllare e fotografare le lettere che quasi ogni giorno – è sempre l’opuscolo degli albergatori che lo dice – Mussolini scriveva a Claretta Petacci, che abitava a 12 chilometri di distanza; nel palazzo Bianchi, oggi hotel Golfo, erano la segreteria del partito e il comando delle Brigate nere.
– Fasano. Nella villa Bassetti c’era l’ambasciata tedesca nella Rsi (ambasciatore Rudolph Rahn); nella villa Elvira, oggi hotel “Il riccio”, risiedeva un giornalista, Hans Mollier, che si diceva fosse il discreto supervisore delle notizie in arrivo e in partenza dalla Stefani; nella villa Lucchini, accanto, si fermava il maresciallo Kesselring in occasione delle sue visite; sotto il parco dell’hotel Florida era stato costruito un grande rifugio antiaereo.
– Gardone riviera. La villa Fiordaliso, una delle più belle della zona, ospitò per qualche tempo Claretta Petacci, sotto la sorveglianza del tenente delle “SS” Spoegler; lì accanto, nella Torre san Marco avvenivano gli incontri fra Mussolini e Claretta Petacci; ma la cosa aveva dato nell’occhio e Claretta fu trasferita a villa Mirabella, all’interno del Vittoriale, nella residenza che Gabriele D’Annunzio aveva lasciato in eredità a Maria Hardouin Gallese; nella villa Alba funzionava il centro trasmissioni radio da e per Berlino; a villa Besana risiedeva il generale Karl Wolff, comandante delle “SS” in Italia; Gardone riviera e in parte anche Fasano erano stati dichiarati presidio ospedaliero e quindi protetto con grandi croci rosse.
– Barbarano. A villa Belvedere soggiornava il colonnello Herbert Kappler, il capo della Gestapo (sarà il responsabile della strage delle Fosse Ardeatine).
– Salò. Nella villa Simonini il ministero degli esteri, di cui era titolare lo stesso Mussolini; nella villa Amadei il ministero della cultura popolare, diretto da Fernando Mezzasoma, con Giorgio Almirante capo di gabinetto; nel liceo scientifico stazionava un reparto della legione Muti e uno della X flottiglia Mas al comando del principe Junio Valerio Borghese; nell’ex palazzo Castagna il comando della polizia della Rsi, con a capo Tullio Tamburini; nelle ex scuole elementari di via Brunati, come si è già detto, l’agenzia Stefani; a pochi passi, nell’ex collegio civico, il comando della Guardia nazionale repubblicana.
Sulla strada statale Gardesana occidentale numerose gallerie erano state attrezzate come fabbriche di guerra. C’erano la Beretta armi, la Breda armi, il decimo reparto Fiat Mirafiori; c’era anche una sede dell’organizzazione tedesca Todt.
4 Una promozionale illustrazione della villa e ora Grand Hotel Feltrinelli si può leggere sul sito dell’Archivio storico del Corriere della sera.
Villa Feltrinelli oggi.